Memories Hawaii: Oahu, “The Gathering Place”

Estate

Sii di questa colorata luminosità

la cui incurante febbre

getta oro prima di andarsene

definitivamente nei vuoti

che non hanno misura.

Il sonno degli uccelli, il tramonto della luna,

isola dopo isola,

sii del loro silenzio

su questa marea che bilancia

un tempo, per un tempo.

Le isole non sono per sempre,

né sarà un’altra volta questa luce,

la serie delle maree, la breve estate,

sii del loro segreto

che non spaventa nessun altro.

( W. Stanley Merwin )

Prima di tutto: PAURA! Il volo da Los Angeles a Oahu che doveva durare cinque ore, in realtà è durato 7 ore e questo grazie ad una improvvisa (?…così ha comunicato il comandante) perturbazione di  notevole intensità che ha colpito proprio la zona aerea di avvicinamento e atterraggio alle Hawaii.

Si è “ballato” parecchio e molto onestamente mi è passato nella testa il pensiero :“Ma chi me l’ha fatto fare di venire fin qua in capo al mondo??”  Fortunatamente è andato tutto per il verso giusto ma appena sbarcati l’istinto di baciare la terra è stato forte! 

Oahu dunque! Quest’isola è anche chiamata “the Gathering Place” che vuol dire “il punto di incontro”  e basta trascorrervi anche solo un giorno per rendersi conto di quanto questo nome le si addica perfettamente. Nonostante Oahu sia solamente la terza isola più grande dell’arcipelago, qui si concentra la maggior parte della popolazione di tutte le Hawaii, una fusione di culture orientali ed occidentali radicata nei valori e nelle tradizioni dei popoli nativi ed  è proprio il contrasto tra l’antico e il moderno che rende così affascinante la scoperta di quest’isola. Qui si trova la capitale delle Hawaii: Honolulu.

Ho deciso di raccontare Oahu dipanando il filo di un viaggio lungo  il contorno costiero dell’isola per terminare al centro  di questo splendido territorio: un percorso che  in realtà è stato seguito in più giorni ma che mi piace immaginare come avvenuto in 24 ore. 

Partiamo da Honolulu e dalla sua spiaggia, Waikiki.

Il suo skyline è tra i più famosi del mondo: una  mezzaluna di sabbia bianca che si estende per 3 chilometri, circondata da altissimi grattacieli e con lo sfondo dell’ormai spento cratere del Diamond Head. La prima passeggiata nelle strade di Waikiki ( che è il quartiere del lungomare di Honolulu) è stata abbastanza “spiazzante” poichè finchè non ho avuto la visuale sull’oceano, l’impressione era di essere in una delle tante metropoli americane:  impressionante il numero di hotels e resort , l’atmosfera caotica, le strade a 6 corsie.

Quando finalmente ho raggiunto il lungomare …allora sì che Waikiki mi è sembrata di sicuro il simbolo dell’atmosfera tropicale!!  Spiaggia bianco-ocra, bagnanti con costumi e camicie fiorate, musica hawaiana in sottofondo, cocktail coloratissimi e decorati, fiori e profumi…e soprattutto tavole da surf! Queste isole sono  famose per questo: il surf è  una vera filosofia di vita. Comunque…guardate qui… tutto il mondo è paese: noi “lucchettiamo” le biciclette, loro le tavole da surf!! 🙂

Un altro aspetto che caratterizza Honolulu è la presenza di  ricchi e curati  giardini botanici: ce ne sono moltissimi ma per visitarli occorre la prenotazione che  noi, onestamente, non avevamo pensato di fare. Siamo così riusciti a visitare il giardino botanico collegato all’università ma non è sicuramente il più completo che si può trovare qui.

Il momento magico a Waikiki  è quello del tramonto: è come assistere ad un rito…le persone si siedono sulla spiaggia, che a quell’ora è accarezza da una leggera brezza, e aspettano l’esplosione di colori del tramonto di Oahu. 

Ho viaggiato molto, ho visto tanti tramonti tropicali, ma nulla a confronto con le sfumature arancioni , rosse, magenta , viola, che hanno dipinto il cielo  in queste serate hawaiane.

Di  sera Honolulu si anima come solo una metropoli sa fare: nelle varie avenue alle spalle della spiaggia si trovano un’infinità di locali, ristoranti, lussuosi centri commerciali e una bellissima passeggiata lungomare. In questo periodo natalizio, poi, il tutto è amplificato dalle luminarie della celebrazione chiamata “Christmas light parade”. Questa parata si tiene ai primi di dicembre e richiama persone da ogni parte del mondo; quando poi le celebrazioni finiscono le luminarie, le decorazioni, i personaggi (realizzati con materiali di riciclo ) che sono stati portati in corteo, vengono sistemati alla City Hall di Honolulu dove è possibile vederli fino alla fine di gennaio.

Qui vengono anche esposti alberi di Natale che sono stati realizzati da alcune scuole che hanno vinto un concorso dedicato proprio al Natale.

Qualche riga più su ho fatto cenno al Diamond Head, il cratere spento che domina Honolulu. La salita a questa vetta è stata una delle esperienze più belle della vacanza. 

Diamond Head State Monument è un Monumento Naturale Nazionale degli Stati Uniti, oltre che uno tra i più rinomati delle Hawaii, dove per decenni i visitatori hanno fatto escursioni fino alla sommità del cratere per godere le vedute mozzafiato su Oahu.

Parte del cratere è chiusa al pubblico ed è utilizzata come piattaforma per le antenne usate dal governo degli Stati Uniti, ma la parte restante è una destinazione molto conosciuta e visitata. 

L’escursione non è molto lunga in termini di distanza, ma la sua ascesa è abbastanza impegnativa: alcune parti del percorso si snodano attraverso una strada rocciosa irregolare, tunnel sotterranei bui ( e questo per me è stato uno scoglio difficile da superare vista la mia claustrofobia!!!)  vecchi bunker militari e ben 99 scalini al termine  dell’escursione, che sono davvero ripidi!

Quando, però alla fine, sono arrivata in cima…ho pensato che avevo realizzato uno dei miei sogni da ragazza!! Questo panorama, infatti, mi era diventato familiare quando, da ragazzina, vedevo la serie tv Magnum P.I. : c’era questo investigatore privato, interpretato da Tom Selleck, che scorazzava a bordo della sua Ferrari in lungo e in largo per Oahu e spesso le inquadrature dall’alto mostravano proprio la visuale dell’isola e dell’oceano visti da quassù!!

( FINE PRIMA PARTE)

It’s magic

Non credo che esista il luogo perfetto.
Credo, però,esistano luoghi magici per ciascuno di noi, che aderiscono in maniera totale ai nostri stati d’animo e, come amici premurosi, riescono a farci stare meglio anche solo con un panorama, un profumo, o un tepore rigenerante.
Uno dei “miei” luoghi magici l’ho trovato ad Aruba.
Ho potuto visitare nel corso degli anni diverse isole tropicali e, onestamente, dopo una settimana di vacanza e di riposo, il desiderio di tornare si è sempre fatto sentire, nonostante la bellezza dell’ambiente naturale e i ritmi di vita rilassati e spensierati.
Ad Aruba non mi è successo.

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Il primo viaggio su quest’isola è stato per me una rivelazione.
“Bon Bini” in “one happy island”! è il “benvenuto” in Papiamento, la lingua di Aruba, che in ogni dove si sente pronunciare.
Perché la vera sorpresa di un viaggio in quest’angolo di Caraibi, è data dalla gente che qui vive. Gli Arubani sono un incredibile mixage di vitale etnicità, retaggio storico, cultura ancestrale, modernità assoluta; il tutto, condito e reso spumeggiante da una genuina voglia di vivere che si manifesta in una spontanea apertura mentale e comportamentale verso chi approda nella loro isola.
Aruba è un’ isola insolita, fisicamente diversa dalle molte della corona caraibica. Non ci sono grandi vette e la vegetazione non è ricca come in altri luoghi. Tuttavia è una terra che presenta caratteri distintivi che la rendono davvero meritevole di essere conosciuta.
Gli alisei che arrivano dall’Atlantico mitigano costantemente il calore di un sole tropicale: è una specie di perenne primavera-estate.

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Mi sono innamorata del Parco Nazionale di Arikok: qui
i colori dominanti sono quattro: il blu del mare all’orizzonte, il verde delle collinette punteggiate di cactus, i toni sfumati e bruniti delle argille del plateau centrale e il bianco intenso delle dune sabbiose che in alcuni punti rubano lo spazio alla costa rocciosa.
Oltre quaranta chilometri di sentieri e bellissime passeggiate: inoltrandosi nel parco, si scopre di essere soli, stradine sterrate e spesso nemmeno queste, agavi e cactus a perdita d’occhio, rocce e pietre levigate o sconnesse dai venti e dalle acque marine che i visitatori, un po’ dappertutto, ammonticchiano una sopra le altre a creare piccoli altarini votivi.
Dove la terra finisce, il grande mare caraibico lambisce una costa rocciosa dai mille anfratti, nei quali il mare in alcuni punti si insinua sotto archi di pietra.

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Ma i motivi del mio amore per Aruba sono tanti:
sempre accompagnato dalle folate del vento che tutto avvolge e rinfresca, immaginate un luogo in cui il cielo non vi sovrasta, vi attraversa; l’aria non si respira, si assapora, il tempo scorre, non corre ed il sistema nervoso si sistema, non s’innervosisce.
Un luogo dove la gente non t’incrocia, ti saluta, dove tutto è vero, anche le cose spiacevoli, perché tutto è vita.
La pienezza del vivere qui è uno stato dell’anima, prima ancora che uno stato mentale: è imparare a perdere tempo scrutando una lucertola dalla testa arancione fare le flessioni, è disegnare con gli occhi il contorno di una pianta di aloe che si staglia sullo sfondo del cielo basso e turchese, è osservare un meccanico che non sa da dove cominciare a riparare il motore della vostra auto.
C’è sempre la possibilità di emozionarsi davanti a un tramonto breve sapendo che il giorno dopo, comunque andrà, ce ne sarà uno apparentemente identico ma dalle sfumature inedite; di imparare che non è vero che se non si desidera tutto non si otterrà nulla, che accontentarsi non è sempre una sconfitta e che vivere alla giornata è un buon metodo per aggiornare l’esistenza.

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Qui c’è un silenzio pagano, un ruggito religioso, uno stato d’animo magico che sembra fare male e invece
è un bene incurabile.
Qui anche l’amore eterno sembra possibile.

Se saprai starmi vicino

Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l’un l’altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perchè insieme è gioia…
Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
(Pablo Neruda)

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