Mi è capitato raramente, ma mi è capitato.
Chiedersi, proprio prima di partire : “Ma chi me l’ha fatto fare?” o anche “ Perché non sono rimasta a casina mia?”.
Ma ormai è tardi, il portellone dell’aereo è chiuso e le cinture di sicurezza allacciate.
Nella fattispecie, l’aereo è un aeroplanino di carta, o quasi, con un’elica ridicola, un carrello d’atterraggio fatto di grissini e i finestrini di zucchero filato.
No, non è vero. Però in quel momento l’impressione avuta è stata proprio questa.
Mi trovato ad Adelaide e stava per avere inizio un’escursione a Kangaroo Island che avevo sognato per mesi. Immaginavo di arrivare su quest’isola, interamente parco naturale, e di partecipare ad un’ escursione nella fauna e flora tipiche australiane, senza avere idea di dover correre rischio alcuno: non mi ero posta il problema dei trasferimenti e tantomeno del soggiorno sull’isola.
Invece l’esperienza si è rivelata al tempo stesso una delle più eccezionali ma anche più “impegnative”, emotivamente parlando, della mia vita.
Il volo di andata, 45 minuti, mi sembrò lungo quanto la traversata dell’Oceano Atlantico: il rumore dei motori era molto forte, pareva di esserci seduti sopra ( e forse ci eravamo per davvero!), ma soprattutto il veivolo sembrava completamente in balia dei venti, fortissimi, che spirano costantemente in quel braccio di mare che separa la costa dall’isola.
La situazione era talmente preoccupante che rimasi quasi sorpresa di essere riusciti ad atterrare: molto probabilmente non avevo dato il giusto peso all’esperienza del pilota che immagino conoscesse questo tratto di cielo come le sue tasche.
Superato questo inizio semi-drammarico, l’escursione si è poi rivelata davvero indimenticabile: su quest’isola sono riuscita ad osservare da vicino, nel loro ambiente naturale, molti animali tipici dell’Australia: oltre a molti canguri e koala, siamo riusciti a “spiare” una rarissima echidna ( una specie di riccio gigante) e un’aquila bianca; ci siamo anche divertiti ad osservare alcuni momenti di vita di una colonia di leoni marini.
Inoltre i paesaggi, le coste, il mare circostante hanno fatto da meravigliosa cornice, mostrando una natura ancora incontaminata.
L’escursione prevedeva anche un pernottamento sull’isola in una struttura abbastanza spartana: essendo, infatti, un parco naturale, si è evitato di urbanizzare zone molto ampie, preferendo costruire edifici ecosostenibili.
Tutto bene, fin qua: anch’io sono d’accordo sui principi ecologisti.
Il fatto è che poco prima di ritirarci nella nostra stanza, la guida, a un certo punto, richiama l’attenzione su un piccolo ragnetto nero appeso in un angolo del patio.
Ci dice che quello è un ragno dei cunicoli: non è mortale ma il suo morso può provocare dolori molto forti, semiparalisi e disturbi che si prolungano per molti mesi. Dice anche che difficilmente entrano in locali chiusi, preferendo nidificare all’esterno o sugli alberi ma che, comunque, è bene dare sempre un’occhiata in giro per sicurezza.
Bene! Secondo voi, io, che ho ribrezzo e terrore anche dei nostri ragnetti casalinghi, ho dormito quella notte?
Fortunatamente la sveglia per la seconda parte della visita guidata era alle 5 del mattino, così la mia veglia, seduta rigida sul letto come un baccalà, non è durata poi molto! Ma che nottata!
Il resto della giornata lo abbiamo trascorso all’interno di boschi di eucalipti, fra koala addormentati sugli alberi e canguri appostati come sentinelle fra i cespugli.
Non avrei più voluto venire via da lì!
Ma, purtroppo, abbiamo dovuto avviarci verso quello che per me era diventato un incubo: l’aeroplanino di carta.
L’onnipresente vento faceva prevedere un decollo da cardiopalma e un volo di ritorno altrettanto preoccupante.
Inutile dire che ogni previsione è stata rispettata: io me ne stavo seduta nel mio seggiolino ( perché chiamarlo sedile sarebbe stato veramente un complimento) e nella mia mente frullavano in continuazione due pensieri: il primo, che veniva pronunciato da una piccola Luisa sadica, sosteneva che “ hai voluto vedere i koala e i canguri? bene, ora che li hai visti, non potrai raccontarlo a nessuno, e sai perché? perché ora precipiterai!”; l’altro pensiero, pronunciato da un’altra piccola Luisa, ancora più sadica della precedente, diceva che “ la colpa di tutto questo è solo tua: sai perché ora precipiteremo? perché tu non stai pensando ad altro… e si sa che il pensiero ha potere autodeterminante: pensi che precipiterai e così sarà!”.
E nonostante cercassi di distogliere il pensiero, posso garantire che quei 45 minuti di ritorno sono stati i più lunghi della mia vita.
Tanto che, una volta atterrati, il primo commento che è uscito dalla mia bocca, parlando con mia sorella, al telefono, di Kangaroo Island, è stato: “Non ci tornerò mai più!”.
p.s.: se avete l’occasione, andateci: ne vale la pena 🙂
“Ma i veri viaggiatori partono per partire e basta:
cuori lievi, simili a palloncini
che solo il caso muove eternamente,
dicono sempre “Andiamo”,
e non sanno perchè.
I loro desideri hanno le forme delle nuvole.”
(Charles Baudelaire)