Il parco che abbiamo visitato oggi é stato uno dei due motivi (dell’altro ne scriverò a breve) che mi hanno portata a scegliere lo stato dell’Oregon come punto di partenza di questo viaggio.
L’arrivo a destinazione é stato abbastanza faticoso: più di 500 km in auto, su strade tortuose e solitarie, con una temperatura che già alle 9 di mattina toccava i 38 gradi ( nel corso della giornata siamo arrivati a 41 …e pensare che in previsione di questa gita, visto le raccomandazioni delle guide che indicavano il posto particolarmente freddo anche nei mesi estivi, avevamo messo in valigia il piumino!)
L’ultimo avamposto prima di entrare nel parco di Painted Hills é un piccolo paesino, Mitchell, che sembra uscito direttamente dal far west: quando arrivi qui devi fare tutto…bere, mangiare, fare pipì, il pieno di benzina, perché poi…il nulla!




Le Painted Hills ( che fanno parte di un parco molto più vasto, il Jhon Day Fossil Beds National Monument ) hanno un’origine antichissima, circa 60 milioni di anni fa, e danno vita ad un paesaggio spettacolare: un arcobaleno di rilievi collinari di roccia vulcanica dalle ricche sfumature di rosso, rosa, bronzo, marrone e nero.
Queste variopinte colline si estendono in un’area di circa 13 km quadrati: non so davvero trovare le parole per esprimere la meraviglia che ho provato in questo luogo! Sono stata avvolta da queste striature di colore che col trascorrere delle ore ( ma direi anche ..dei minuti) mutano, si fondono, giocano,…più delle parole, le immagini possono rendere in parte l’idea della bellezza poetica del luogo.

Non saprei dire se le emozioni più coinvolgenti le ho provate osservando dall’alto questa immensitá, come in questa veduta…

…oppure passeggiando ( sotto un sole cocente) fra le dune brillanti e roventi: ogni sfumatura di colore, ovviamente, porta con sé una storia, come ben documentato dalle targhette presenti sul percorso.


La mia immaginazione si è lasciata incantare da questa giostra cangiante…un’esperienza unica e magica.
Nel nostro girovagare di due ore abbiamo incontrato in tutto tre persone…per il resto silenzio, vento, luce,…e la sensazione di camminare in un luogo lunare.



Nel film “Into the wild “ ( tratto dall’omonimo libro che anni fa avevo letto e che mi aveva lasciata con molte perplessitá circa il senso ultimo di questa vicenda) compaiono alcuni scorci di questo ambiente così unico e devo ammettere che l’atmosfera che si respira qui si coniuga perfettamente con le idee che stavano alla base del viaggio intrapreso dal protagonista: la ricerca di luoghi in cui non valgano le leggi di una società consumista e materialista e il ritorno ad una vita primordiale, legata solo,alle leggi della natura.
“Ho paura che il tempo della vita non basterà a colmare la grandezza dell’immenso nel mio cuore”, dice il protagonista, Chris, mentre si accorge di come in realtà non basti cambiare terra per i propri passi e cielo per i propri occhi, ogni giorno, per trovare la pace e la felicità.
Forse, semplicemente, felicità è accettare di essere fugaci pur nella nostra immensità…come dice il testo di street poetry che amo moltissimo:
Ti affanni a rincorrer la felicità
Credendo che viva di attimi intensi
Di gioia e follia e invece, in realtà,
È assai più vicina di quello che pensi
È solo mancanza di infelicità
Gustare la vita con i tuoi sensi
È calma apparente, è normalità
Che riempie i tuoi vuoti di gesti e silenzi
È un giorno trascorso fuori città
Quei baci che spesso credi melensi
È assenza di traumi, è semplicità
D’istanti banali, fragili, densi
A vivere un giorno che non tornerà
In profondità, non siamo propensi
Ma è questo e non altro la felicità
Saperci fugaci scoprendoci immensi
Marta ( Poeti der Trullo)
