Senza fiato

Fai che il tuo cuore sia come un lago.

Con una superficie calma e silenziosa.

E una profondità colma di gentilezza.

(Lao Tzu)

L’escursione di oggi ha avuto come metà una localitá che rappresenta il secondo motivo che mi ha spinto a scegliere l’Oregon come punto di partenza per il nostro on the road. Abbiamo dovuto spostarci ancora di circa 300 km per arrivare sulle rive di uno dei parchi nazionali più famosi degli Stati Uniti, il Crater Lake National Park, ma ne è valsa davvero la pena.

Il Crater Lake, con una profonditá di 594 metri,  è il più profondo degli Stati Uniti ma a renderlo speciale é  un’altra particolaritá e cioé il colore blu delle sue acque,  talmente intenso da sembrare a tratti innaturale. 

Da queste parti raccontano che  i primi visitatori di Crater Lake che fotografarono il lago, quando inviarono alla Kodak le foto da sviluppare, ricevettero in cambio il rimborso del costo dello sviluppo da parte della Kodak ritenendo che il blu del lago fosse così innaturale che non poteva che essere un errore nel processo di stampa ( leggenda metropolitana?! 🤔Forse😁)

Però, al di lá della leggenda metropolitana…comfermo!! Il lago è di un blu talmente intenso da lasciare senza fiato: oggi, poi, verso mezzogiorno il cielo si è fatto terso e il colore del lago ( che a metà mattina mi aveva abbastanza deluso tanto da far pensare che la sua fama non fosse meritata) é diventato di un  “ blu pennarello” ! Suggestive anche  le cime dei monti circostanti che  vi si riflettono come in uno specchio, data la limpidezza delle acque:   spettacolo di una bellezza stupefacente…che purtroppo, però, nelle fotografie non rende al meglio.

Ecco comunque la sequenza dalle prime foto di metá mattina a quelle di fine giornata: un crescendo di intensitá  affascinante.

Anche la circonferenza del cratere, così estesa, rende la visione d’insieme molto d’impatto, così come l’isolotto vulcanico che si erge dalle acque per poco più di 200 metri, chiamato Wizard Island ( visto che la forma dovrebbe richiamare quella di un cappello da mago).

Potrei tediarvi raccontandovi  che ciò che adesso è lago è stata una montagna o, meglio, un vulcano: circa 7.700 anni ci  fu una massiccia eruzione vulcanica, la cima del monte collassò, lasciando al suo posto una profonda depressione che nel corso di centinaia di anni, si è riempita di acqua e neve, creando lo spettacolare lago blu di oggi. 

E infatti vi ho tediato🤣

Allora per farmi perdonare vi racconto quella che è di gran lunga la mia versione preferita di come sia nato il Crater Lake , una versione a suo modo “romantica”

La premessa è che gli antenati delle  tribù dei Klamath, nativi di queste zone, assistettero al crollo del monte Mazama  e alla formazione del Crater Lake , che ancora oggi considerano come una delle “dimore del Grande Spirito”

Secondo la leggenda, appunto,  dei Klamath il dio  Llao, un giorno,  vide una bellissima  donna che era la figlia di uno dei capi Klamath e se ne innamorò: decise di chiedere al padre della ragazza la sua mano in cambio dell’immortalità. 

Il padre della giovane inaspettatamente rifiutò la proposta e Llao si infuriò.

Così, la notte successiva, Llao emerse dal monte Mazama e scagliò una pioggia di  fuoco contro le comunità che vivevano ai suoi piedi e provocò incendi e  tremendi  terremoti. 

A questa immane distruzione cercò di opporsi un’ altra giovane divinità, Skell: dopo varie peripezie egli  riuscì  a costringere Llao a tornare nelle viscere del vulcano e schiacciò la  cima della montagna verso il fondo per impedire a  Llao di risalire. Seguirono poi giorni di  piogge torrenziali, le quali riempirono il cratere lasciato dal crollo del monte Mazama e generarono il lago Crater  che divenne la nuova casa del Grande Spirito a guardia del malefico Llaos.

Sì, secondo me è andata proprio cosi’…😉

Lo scrittore Jack London, frequentatore di queste zone scriveva:

“La sua vista mi riempie di emozioni più contrastanti di qualsiasi altra scena conosciuta. È allo stesso tempo strano, affascinante, incantevole, repellente, squisitamente bello e talvolta terrificante nella sua austera dignità, e nella sua opprimente quiete. Alla luce del sole scintillante, le sue sfumature iridescenti sono abbaglianti e sconcertanti. Quando una tempesta è in corso, getta il terrore nel cuore dell’osservatore e trasporta la mente attraverso gli anni in cui è nato negli spasimi Titanici della Natura. Ci sono pochi laghi vulcanici al mondo… ma nessuno che possa neanche lontanamente avvicinarsi alla bellezza trascendente di Crater Lake”

Mia!😁

PAINTED HILLS: quando il paesaggio diventa poesia.

Il parco che abbiamo visitato oggi é stato uno dei due motivi (dell’altro ne scriverò a breve) che mi hanno portata a scegliere lo stato dell’Oregon  come punto di partenza di questo viaggio.

L’arrivo a destinazione é stato abbastanza faticoso: più di 500 km in auto, su strade tortuose e solitarie, con una temperatura che già alle 9 di mattina toccava i 38 gradi ( nel corso della giornata siamo arrivati a 41 …e pensare che in previsione di questa gita, visto le raccomandazioni delle guide che indicavano il posto particolarmente freddo anche nei mesi estivi, avevamo messo in valigia il piumino!)

L’ultimo avamposto prima di entrare nel parco di Painted Hills é un piccolo paesino, Mitchell, che sembra uscito direttamente dal far west: quando arrivi qui devi fare tutto…bere, mangiare, fare pipì, il pieno di benzina, perché poi…il nulla!

Le Painted Hills ( che fanno parte di un parco molto più vasto, il Jhon Day Fossil Beds National Monument ) hanno un’origine antichissima, circa 60 milioni di anni fa,  e danno vita ad un paesaggio spettacolare: un arcobaleno di rilievi collinari di roccia vulcanica dalle ricche sfumature di rosso, rosa, bronzo, marrone e nero.

Queste variopinte colline si estendono in un’area di circa 13 km quadrati: non so davvero trovare le parole per esprimere la meraviglia che ho provato in questo luogo! Sono stata avvolta da queste striature di colore che col trascorrere delle ore ( ma direi anche ..dei minuti) mutano, si fondono, giocano,…più delle parole, le immagini possono rendere in parte l’idea della bellezza poetica del luogo.

Non saprei dire se le emozioni più coinvolgenti le ho provate osservando dall’alto questa immensitá, come in questa veduta…

…oppure passeggiando ( sotto un sole cocente) fra le dune brillanti e roventi: ogni sfumatura di colore, ovviamente, porta con sé una storia, come ben documentato dalle targhette presenti sul percorso.

La mia immaginazione si è lasciata incantare da questa giostra cangiante…un’esperienza unica e magica.

Nel nostro girovagare di due ore abbiamo incontrato in tutto tre persone…per il resto silenzio, vento, luce,…e la sensazione di camminare in un luogo lunare.

Nel film “Into the wild “ ( tratto dall’omonimo libro che anni fa avevo letto e che mi aveva lasciata con molte perplessitá circa il senso ultimo di questa vicenda) compaiono alcuni scorci di questo ambiente così unico e devo ammettere che l’atmosfera che si respira qui si coniuga perfettamente con le idee che stavano alla base del viaggio intrapreso dal protagonista: la ricerca di  luoghi in cui non valgano le leggi di una società consumista e materialista e il ritorno ad una vita primordiale, legata solo,alle leggi della natura.

“Ho paura che il tempo della vita non basterà a colmare la grandezza dell’immenso nel mio cuore”, dice il protagonista, Chris, mentre si accorge di come in realtà non basti cambiare terra per i propri passi  e cielo per i propri occhi, ogni giorno,  per trovare la pace e la felicità.

Forse, semplicemente, felicità è accettare di essere fugaci pur nella nostra immensità…come dice il testo di  street poetry che amo moltissimo:

Ti affanni a rincorrer la felicità

Credendo che viva di attimi intensi

Di gioia e follia e invece, in realtà,

È assai più vicina di quello che pensi

È solo mancanza di infelicità

Gustare la vita con i tuoi sensi

È calma apparente, è normalità

Che riempie i tuoi vuoti di gesti e silenzi

È un giorno trascorso fuori città

Quei baci che spesso credi melensi

È assenza di traumi, è semplicità

D’istanti banali, fragili, densi

A vivere un giorno che non tornerà

In profondità, non siamo propensi

Ma è questo e non altro la felicità

Saperci fugaci scoprendoci immensi

Marta ( Poeti der Trullo)

Stand by me

Dalla costa dell’Oregon abbiamo iniziato a spostarci verso la zona centrale per avvicinarci al parco naturale che abbiamo in previsione di visitare fra un paio di giorni e che si trova ai piedi della catena montuosa Cascade.

Come ormai in questi anni mi é accaduto spesso, anche questa volta è stato proprio l’itinerario che doveva essere un semplice spostamento “ di servizio” a rivelarsi un vero e proprio tesoro: abbiamo attraversato  un’ America che non ci si aspetta, che mi ha sorpresa piacevolmente facendomi quasi rammaricare di non aver previsto una sosta da queste parti.

La strada ci ha portato in paesini molto particolari, ammantati di una patina vintage e resi ancora più rustici da un’ambientazione montana: abbiamo trovato locali dove far colazione con pelli di orso e teste di alci appesi alla parete …

…edifici con evidenti segni del tempo e ricchi di vanitá impreviste …

…ma soprattutto …Ponti di legno coperti…e con questo ho detto tutto!

Li adoro!

Credevo che fossero una peculiarità del New England e invece….no!

Questa è stata davvero una bella sorpresa nel nostro viaggio:sono ponti col tetto spiovente, finestre e balconate sul fiume,  progettati per proteggere dalle intemperie le strutture portanti, ma anche uomini e merci.

Ho saputo che un tempo ( si parla di metà ‘800) ne furono costruiti molti, circa 500; oggi ne sono rimasti circa 50 inseriti nel National Register of Historic Places: passando da questi luoghi sembra di attraversare un  piccolo mondo antico tra villaggi sperduti, ruscelli e campi coltivati, che ha qualcosa di magico, e di molto romantico ( eh lo so….qui la mente va subito al film “I ponti di Madison County” ma ahimè….non è stato ambientato in queste zone)

Da queste parti, però, hanno girato moltissime scene di un altro film cult, “Stand by me- Ricordo di un’estate” : beh…fa un certo effetto ascoltare la mitica colonna sonora di quel film attraversando questi luoghi…

Mi si affaccia alla memoria la scena finale, quella dove, mentre la voce fuoricampo di Gordie ripercorre la vicenda, il personaggio di Chris Chambers, interpretato dal giovanissimo River Phoenix, si dissolve nella luce del mattino, confondendosi col paesaggio alle sue spalle.

E’ una scena che non può fare a meno di commuovere perché così poco lontana dal reale, se si pensa che Phoenix, giovane promessa del cinema, morirà per overdose solo 7 anni  più tardi.

Stand by me

Stai Con Me

Quando cadrà la notte

e la terra sarà buia

E la Luna è l’unica luce che vedremo

no, non avrò paura

oh, non avrò paura

finché tu sarai con me, sarai con me

Se il cielo che noi guardiamo

dovesse crollare e cadere

e le montagne dovessero sbriciolarsi nel mare

non piangerò, non piangerò

no, non verserò una lacrima

finché tu sarai con me, stai con me

Credo ci siano luoghi che più di altri possano essere evocativi di un sentimento o un’emozione: ecco…l’America che sto respirando in questo momento, così anomala rispetto all’immaginario collettivo, che porta i segni del tempo passato e che fatica ad adattarsi al nuovo, suscita una forte nostalgia per tutto ciò che era e ora non è più…

Mi sembra di poter camminare su quel ponte insieme a Gordie, Chris, Teddy e Vern…alla ricerca di una strada, quale, si vedrà…

Non ho mai più avuto amici come quelli che avevo a dodici anni. Gesù, ma chi li ha? (Gordie adulto)