Il mito resiste

„Basta seguire la strada e prima o poi si fa il giro del mondo. Non può finire in nessun altro posto, no?“ ( “ On the road “ J, Korouak)

Chi mi conosce sa! Sa che di automobili, motociclette, motori, cilindrate e di tutto quanto possa essere connesso a queste tematiche …io non ci capisco un tubo! E soprattutto non mi interessa saperne di più!

Può apparire quindi strano che abbia inserito nel viaggio una tappa interamente dedicata alla strada che per eccellenza viene legata all’idea del viaggio su due ruote, alle iconiche Harley: sto parlando della mitica Route 66. Ma per me la 66 vuol dire innanzitutto “ Easy rider”, un film che ho amato moltissimo: come si fa a rimanere indifferenti di fronte a un film che più di tutti incarna lo spirito dell’ On The Road, del senso di libertà del viaggio lungo le Highway americane?

E poi per me la “Mother Route” vuol dire Jack Kerouak e il libro “On the road”, Sulla strada, che è uno dei libri che ha contribuito a far nascere in me il forte desiderio di viaggiare. Così, devo dire, l’emozione è stata forte.

Inizio col raccontare dei paesini sulla 66 ormai quasi disabitati: un po’ patetici nel loro cercare di sopravvivere mantenendo vivo questo mito , soprattutto con il turismo, ma al tempo stesso anche affascinanti per quello che hanno rappresentato prima che la modernità e le nuove Highway li condannassero alla fine.

Il mio itinerario parte da Kingston che è “ la patria” della Route 66, dove c’è il museo più completo a lei dedicato: in realtà questa cittá é ancora viva e vegeta, poiché anche le nuove arterie stradali la attraversano e infatti noi ci siamo arrivati comodamente con una Highway. In ogni caso…ovunque ti volti leggi 66. È la cittadina che mi ha colpito di meno.

Da qui abbiamo imboccato la vecchia Route 66, che in questo tratto è ancora percorribile, e siamo entrati nel territorio appartenente alla riserva indiana Hualapai. Siamo arrivati a Peach Springs dove si inizia a respirare davvero la decadenza di questa zona: poche case, qualche pompa di benzina ormai in disuso, qualche bancarella con poca merce e pochi acquirenti.

Siamo infine arrivati alla cittá resa famosa dal film di animazione Cars: quella che nel film viene indicata come Radiator Sprigs, in realtá é Seligman. Inutile dire che questa opportunitá di rinascita i cittadini del luogo non se la sono fatta sfuggire e quindi accanto alla Old town é pian piano cresciuta una piccola zona commerciale tutta dedicata alla Route 66 formato Cars.

Ma passiamo ora all’aspetto indimenticabile di questo itinerario sulla 66 : il paesaggio circostante. L’Arizona, e in particolare questa zona vicino a Kingman, è superlativa da questo punto di vista: Indimenticabili lei strade infinite che tagliano in due, come lame affilate, deserti e praterie per poi insinuarsi come serpenti all’interno di aree geografiche impervie. E la route 66, in questo tratto ancora percorribile, non è da meno! Viaggiare su questo nastro d’asfalto, solo, nell’immensità di questi spazi…le immagini parlano per me…

Kerouak nel suo libro ( autobiografico) scrive che, per circa due anni, conduce una vita da nomade seguendo il suo amico Dean ma si rende conto, con il passare del tempo, che l’inquietudine dell’amico, che lo porta a sperimentare tutto ciò che può esserci di nuovo, è dovuta alla sua incapacità ad adattarsi alla società. Infatti Kerouak, dopo ogni viaggio, si sente sempre peggio e desidera ricominciare ad avere un luogo è un lavoro fisso. Ritorna quindi a New York e riprende a frequentare l’università e a condurre una vita normale. Accade però che rivedere Dean, il quale invece dopo ogni tentativo di fermarsi riprende a viaggiare, e così anche lui decide di ripartire.

Ecco…forse in alcuni casi la sensazione di assoluta libertà che si sperimenta in luoghi così sterminati, lontano da tutto e da tutti, questo continuo andare e andare, può generare una sorta di “ ubriacatura “ , un progressivo scollamento dalla realtá,…

Per quanto mi riguarda, sono rimasta affascinata da questi luoghi e spero sia solo un arrivederci…ma se anche fosse un addio le parole che userei per descriverlo sarebbero queste:

“Cos’è quella sensazione che si prova quando ci si allontana in macchina dalle persone e le si vede recedere nella pianura fino a diventare macchioline e disperdersi? È il mondo troppo grande che ci sovrasta, è l’addio. Ma intanto, ci si proietta in avanti verso una nuova, folle avventura sotto il cielo.” ( “On the Road”, J. Kerouak).

Un folle avventura…come la tempesta di sabbia in arrivo…🌩🌩🌩🌩🌪

OTTAWA

Siamo arrivati a Ottawa una domenica mattina di luglio e la giornata si preannunciava già molto calda a dispetto della collocazione geografica settentrionale della città.
Abbiamo trovato il parcheggio per l’auto molto facilmente poiché, probabilmente, eravamo riusciti ad anticipare di poco la marea di turisti che a breve avrebbe invaso le vie cittadine.

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Proprio accanto alla zona di parcheggio abbiamo trovato, per caso, il Canale Rideau, un passaggio d’acqua artificiale costruito a metà del XIX secolo che passa attraverso i laghi e alcuni tratti di fiume per collegare Ottawa alla città di Kingston. Questo canale è uno dei motivi di vanto della città e infatti lì intorno sono stati costruiti passaggi pedonali e ciclabili proprio per consentire la vista dei meccanismi che lo regolano. In questo piccolo pezzo di “lungocanale” ci sono varie chiuse che permettono di livellare il passaggio tra due fiumi e noi abbiamo atteso che in un bacino salisse l’acqua per permettere l’apertura del passaggio al bacino successivo.  Siamo poi entrati in uno di questi locali per una piccola sosta: facendo due chiacchiere con il barista , abbiamo scoperto che d’ inverno, quando le temperature vanno molto al di sotto dello zero, il canale diventa la pista di pattinaggio più grande del mondo!

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Usciti dal locale ci siamo diretti verso una collina alta 50 metri, con una magnifica veduta sul fiume Ottawa, che ospita la zona parlamentare, formata da edifici neogotici in arenaria finiti di costruire nel 1860. A me hanno ricordato molto la Westminster londinese. Dicono che in inverno i parlamentari vadano al lavoro pattinando sul fiume ghiacciato… Io immagino i nostri politici a fare la stessa cosa e ….rido. 🙂

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Il parlamento è aperto tutto l’anno per visite guidate gratuite sia in inglese che in francese. Appena arrivati ci siamo prenotati e abbiamo aspettato un’oretta per il nostro turno. Devo dire che ne è valsa la pena! L’interno è davvero bellissimo, la biblioteca è indescrivibile, sono rimasta a bocca aperta! L’interno della camera del governo è caratterizzato da bassorilievi in calcare e arenaria, bellissime le vetrate e l’uso del legno riccamente decorato.

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Al centro di questi edifici vi è un bellissimo prato all’inglese dove abbiamo avvistato delle deliziose marmotte, ovviamente sono corsa a fotografarle ma queste sono scappate come dei razzi… non scappano invece le guardie a cavallo, impegnate a pattugliare la zona.
Proprio davanti al parlamento, al centro di una vasca, il Centennial Flame brucia perennemente per celebrare il centenario della confederazione.  Molto bella anche la torre dell’orologio, chiamata Torre della pace.

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Con una camminata di circa mezz’oretta,siamo arrivati al punto panoramico Nepean Point segnato dalla statua di un nativo: da qua si puo’ vedere tutto il centro di Ottawa e c’è una bellissima veduta sulla collina del Parlamento. A poco distanza si trova la National Gallery: edificio di vetro e granito che ospita la miglior collezione di belle arti del Canada. Ad accogliere i visitatori, all’esterno dell’edificio, c’è un’enorme statua di un ragno alta 5 metri o forse più, davvero orrenda, che faceva parte di una mostra temporanea del museo.

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Dall’altra parte della strada c’è la Cattedrale di Notre-Dame costruita nel 1860. Da fuori non sembra niente di eccezionale mentre dentro è meravigliosa e caratterizzata da uno splendido soffitto in stile gotico, da intarsi in mogano dipinti in alcune parti per sembrare in pietra e da vetrate bellissime.

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Siamo tornati verso la macchina passando per il quartiere di Byward market che è nel centro cittadino di Ottawa. E’ un ottimo posto per rilassarsi: ci sono bancarelle che vendono fiori, ortaggi, cose artigianali, …e anche l’architettura di alcuni edifici è molto interessante (ad es.: in passato, uno degli edifici che è ora un ristorante era un tempo stalla).

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Ottawa è la città canadese che ho maggiormente apprezzato: l’ho trovata composta ma vivace, allegra ed elegante, colta ed interessante.

Mi piacerebbe tornarci!

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