CORPUS CHRISTI

Arriviamo in auto da San Antonio percorrendo circa 150 miglia. La città si presenta illuminata da uno splendido sole e, a differenza del clima tipico texano, qui si avverte una leggera brezza che rinfranca. E infatti…ho parlato troppo presto: in un secondo il cielo si oscura e ….arriva un temporale, con tanto di fulmini e tuoni, da far paura.
Dura un quarto d’ora e piove talmente tanto che decidiamo di fermarci per non rischiare incidenti!
( fra l’altro arrivando qui, sulla freeway avevamo visto pannelli luminosi che dicevano” attenzione questa è la stagione degli uragani: state pronti!”…urca! Noi l’abbiamo preso come un avviso generico…sta a vedere che che invece l’uragano è già qui!)
No, per fortuna!
Si tratta proprio del clima, tropicale, di questa zona….sole, acqua, sole,….
E infatti tutto passa e si ritorna ad essere illuminati da una splendida giornata.

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Certo l’affaccio sul Golfo del Messico è molto bello: la baia, infatti, è completamente ornata da palme ed è molto scenografica. Ci fermiamo in uno dei molti miradores ( padiglioni panoramici) per godere di una bellissima visuale sul golfo.

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La nostra meta principale, in realtà, è una località che si trova qui a dieci miglia, ma prima di avviarci decidiamo di esplorare alcune attrazioni della città.

Dall’altra parte del ponte sul porto si vede la portaerei USS Lexington, lunga 274 metri e oggi adibita a museo.
Fu operativa per circa 50 anni nel Pacifico; durante il corso della Seconda Guerra Mondiale venne data per affondata dai giapponesi varie volte, fatto che le guadagnò il nomignolo di Blue ghost (fantasma blu).

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Le passiamo accanto ma la visita non ci attrae più di tanto e così ci dirigiamo verso il il South Texas Botanical Gardens and Nature Center.
Decidiamo di entrare e all’inizio siamo un po’ scettici perché il posto non sembra aver molto da offrire. Invece, dopo le iniziali perplessità ci ricrediamo perché alcuni ambienti di questo giardino sono veramente caratteristici. Incontriamo vare zone , chiamate, house, e ciascuna di esse mostra spettacoli meravigliosi. Troviamo una serra completamente dedicata alle bromelie, piante tropicali che necessitano una buona umidità ambientale.Questo tipo di pianta la conoscevo, ma non ne avevo mai visto di così tanti tipi e colori diversi!!

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Si continua con il giardino di orchidee: è una esposizione di migliaia di orchidee dalle forme e dai colori più strani….un mare inebriante e allegro.

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Poi si passa alla casa delle farfalle: volteggiano, ballano, sfiorano, innamorano…sono una gioia per lo spirito.

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E poi ancora il giardino delle rose, e via via per i suoi180 ettari di percorsi naturalistici con numerose specie di alberi e arbusti, con erbe autoctone, erbe aromatiche, cactus, e animali selvatici come cervi e coyote.
Impossibile vedere tutto…

E’ ora di avviarci verso la meta del pomeriggio: il Padre Island National Seashore.
Si tratta di una spiaggia praticamente infinita caratterizzata dalla sabbia bianca e dal mare caldo che  separa il Golfo del Messico dalla Laguna Madre, una delle poche lagune iper-saline al mondo. Ricchissima di flora ma anche e soprattutto di fauna tra uccelli, pesci e rettili di ogni tipo.

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Grazie alla sua posizione, quasi la metà di tutte le specie di uccelli migratori del Nord America possono essere individuati qui in alcuni periodi durante l’anno. E ‘anche un paradiso per la vita marina, come le tartarughe marine, comprese le specie in via di estinzione reintrodotte nella zona.

In auto si attraversa un lungo e basso ponte sulla baia della laguna Madre e ci si immette sull’unica strada dell’isola: da qui partono una serie di vie d’accesso a varie spiagge.
La linea costiera è talmente lunga che sembra di guidare verso l’infinito!!!

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Addirittura c’è chi parcheggia direttamente vicino al mare, sulla sabbia!!! ( ma gruppi ambientalisti che protestano qui non ce ne sono???)

Andiamo avanti per circa 4 miglia e qui davvero siamo in paradiso: non si vede nessuno all’orizzonte, solo sabbia e mare.
Infinitamente e dolorosamente bello.

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Febbre del mare
 
Devo tornare sul mare, solitario sotto il cielo,
e chiedo solo un’alta nave e una stella per guidarla,
colpi di timone, canti del vento,
sbuffi della vela bianca,
e bigia foschìa sul volto del mare
e un bigio romper dell’alba.

Devo tornare sul mare, ché la chiamata
della marea irruente è una chiara
selvaggia chiamata imperiosa;
e io chiedo soltanto un giorno di vento
con volanti nuvole bianche,
pien di spruzzi e di spuma e di strillanti gabbiani.

Devo tornare sul mare, alla vita
di zingaro vagabondo; alla via
delle balene e degli uccelli marini,
dove il vento è una lama tagliente;
e io chiedo solo un’allegra canzone
da un compagno ridente e un buon sonno
e un bel sogno
quando la lunga giocata è finita.

JOHN MANSFIELD 

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Corpus Christi, però, è anche tristemente famosa per essere stata la città dove ha vissuto e trovato la morte, per mano di Yolanda Saldívar, la sua ex-manager, all’età di soli 23 anni nel 1995, la cantante messicana Selena.
E’ considerata una tra le più popolari icone musicali latine.
Detiene il record del concerto più affollato nella storia dell’Astrodome di Houston, con 67.000 spettatori alla sua esibizione del 1993.[
La morte dell’artista fu uno shock per la popolazione latina e non degli Stati Uniti.
Solo qualche giorno dopo la sua morte, il 12 aprile 1995, George W. Bush, a quel tempo governatore del Texas, dichiarò il 16 aprile, giorno della sua nascita, giorno di Selena.
A Corpus Christi si trova la tomba di Selena e un museo e lei dedicato.

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Ernest Hemingway and Key West

Dopo aver riposato una notte alle Everglades, la mattina dopo siamo ripartiti verso le Florida Keys.

Le Florida Keys sono un arcipelago di circa 1.700 isole a sud-est della punta della penisola della Florida, a circa 15 miglia a sud di Miami, e si estendono in un dolce arco fino a Key West, la più occidentale delle isole abitate.
La Highway 1 è uno spettacolare nastro d’asfalto che unisce le isole e gli atolli di questo paradiso fra il Golfo del Messico e l’Atlantico: è un’unica autostrada a due corsie che collega, attraverso 203 km e 42 ponti con lunghezze che variano dagli 11 km del più lungo ai 43m del più corto, le cinque isole principali a loro volta formate da varie isole minori.
Percorrerla dà l’idea di viaggiare nel mezzo del mare…acqua azzurro verde da un lato e onde agitate e blu cobalto dall’altra.

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La prima isola che abbiamo incontrato è Key Largo pubblicizzata quale capitale mondiale delle immersioni ma non ha spiagge di sabbia naturale; la seconda Islamorada (isole di porpora per la massiccia presenza di chiocciole marine purpuree) rinomata per la pesca d’altura e i negozi di esche e attrezzature sportive quali armi e canne da pesca; la terza Marathon raccomandata quale luogo di villeggiatura per le famiglie; la quarta Big Pine and the Lower Keys santuario marino e rifugio della fauna selvatica in via di estinzione; la quinta Key West la più conosciuta e meta finale della nostra giornata.

Abbiamo percorso la lunga strada attraversando paesi marinari quasi tutti uguali ma quello che mi ha colpito è il paesaggio con l’oceano da un lato e il golfo dall’altro e l’attraversamento di tutti quei ponti che uniscono le varie isole; abbiamo visto spuntare paralleli alla strada tronconi di vecchi tracciati stradali, ponti e spezzoni di ferrovia abbandonati e la mente pensava a quanta fatica e lavoro sono stati necessari per realizzare tutte queste opere che si reggono su piloni piantati nell’acqua!

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Abbiamo seguito l’autostrada fino al chilometro “zero” che ci ha portato direttamente nel cuore della vecchia Key West dove abbiamo trovato un facile parcheggio a pagamento è iniziato da lì, a piedi, il nostro giro turistico. Seguendo il viavai di auto e taxi rosa,  ci siamo inoltrati nelle strade principali e di maggiore traffico pedonale dove abbiamo potuto ammirare le antiche case in legno dall’architettura molto pittoresca: un negoziante ci ha spiegato che buona parte del legno per la costruzione è stato ricavato dal recupero di navi naufragate nei dintorni.

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Da lontano siamo stati abbagliati da un negozio giallo limone: ci siamo avvicinati e abbiamo scoperto che lì si vendeva la famosa Key lime pie, la torta al lime caratteristica dell’isola. Non potevano non assaggiarla! E così anziché il panettone di Natale, abbiamo gustato una gustosissima prelibatezza tropicale…veramente ottima!

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Abbastanza rifocillati abbiamo continuato il nostro giro della cittadina percorrendo tutta la Truman Ave e la Duval street lungo le quali si aprono i tantissimi negozi di vestiti, sigari cubani, oggettistica e quant’altro possa attirare i turisti smaniosi di acquistare, bar, caffetterie e ristoranti all’aperto; assetati, ci siamo fermati presso un locale caratteristico dove tutti gli spazi disponibili sulle pareti sono occupati da “un dollaro” semplice o firmato da chi l’ha lasciato per ricordo. Si tratta del Willie T’s dove è anche esposta una targa che segnala i gradi della longitudine e latitudine e la scritta “qui è il Paradiso”.

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Ripreso il nostro giro turistico per arrivare fino al punto più a sud degli Stati Uniti segnalato da una boa che indica una distanza di sole 90 miglia da Cuba.

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Lì vicino si trova la casa dove abitava Hemingway durante i suoi soggiorni qui: la casa è stata lasciata come quando la abitava lo scrittore e il percorso è interessante e ben strutturato. Sono disponibili tour guidati in lingua inglese, altrimenti all’ingresso vengono forniti dei fascicoli anche in lingua italiana, che raccontano la vita dello scrittore nei suoi anni in Florida.
Molto evidente l’affetto che lo scrittore aveva per i gatti che sono i veri padroni della casa, amore che viene perpetrato dalle guide turistiche che vi accompagnano (cimitero felino annesso nel giardino !)

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Hemingway ha comprato la casa nel 1931 e ci ha vissuto per 10 anni scrivendo molti dei suoi più famosi romanzi: Morte nel Pomeriggio, Le Nevi di Kilimangiaro, Avere e Non Avere, che racconta la vita a Key West durante la grande depressione e Per Chi Suona la Campana.
Hemingway andava spesso a pesca d’altura con i suoi amici che sono serviti da modelli per i personaggi dei suoi romanzi. La casa è stata di sua proprietà fino alla morte nel 1961.
Già la sua morte…questo lui diceva:

« Morire è una cosa molto semplice. Ho guardato la morte e lo so davvero. Se avessi dovuto morire sarebbe stato molto facile. Proprio la cosa più facile che abbia mai fatto… E come è meglio morire nel periodo felice della giovinezza non ancora disillusa, andarsene in un bagliore di luce, che avere il corpo consunto e vecchio e le illusioni disperse. »

Il 1º luglio 1961, come riferisce la moglie Mary nelle memorie, fu una giornata abbastanza tranquilla per lo scrittore tranne che per il ricorrente incubo della persecuzione dell’FBI. Ella racconta che alla sera cantò con lei una canzone che aveva imparato a Cortina da Fernanda Pivano e che era solito canticchiare nei momenti di serenità:
« Tutti mi chiamano bionda, ma bionda io non sono: porto i capelli neri, neri come el carbon »
Pochi giorni prima, Mary lo aveva sorpreso con un fucile e delle cartucce in mano, ma egli le aveva risposto che intendeva soltanto “dargli una ripulita”. Allarmatissima, lei aveva riposto l’arma nell’armadietto e l’aveva chiuso a chiave.
La mattina della domenica del 2 luglio Mary fu svegliata da un forte colpo. Hemingway si era sparato mettendosi la canna del fucile in bocca ed era morto. Aveva trovato le chiavi dell’armadietto sul tavolo della cucina, dove le aveva lasciate Mary. Dopo tre giorni, nella piccola chiesa di “Our Lady of the Snow” vennero celebrate le onoranze funebri alla presenza dei tre figli e di pochi intimi amici. Il suo corpo ebbe sepoltura nel cimitero di  Ketchum in Idaho.
Così se n’è andato un premio Nobel.
Così se n’è andato un artista.
Così se n’è andato un uomo.
Nel tardo pomeriggio abbiamo passeggiato un poco sulla spiaggia ; più tardi  siamo saliti sul lungo molo dove sono ormeggiate delle navi da crociera in partenza per i Caraibi: qui è un rito quotidiano salutare il sole che tramonta. Lentamente il molo si è affollato di persone del posto e di turisti, di saltimbanco, giocolieri, musicisti, fotografi,….tutti lì, ad aspettare lo spettacolo del sole che si tuffa nel mare. E quando finalmente il sipario si è aperto non è rimasto che ammirare in silenzio e lasciarsi commuovere dalla bellezza del creato.

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Il mare desidera scafi profondi…


Si gonfia e s’inarca. 


L’elica pulsa e lo fa ribollire… 


Spinge, vibra, s’avvita. 


Il mare trabocca di passione,


Fluttuante, carezzevole,


Dimenando il gran ventre amoroso.


Antico e grande è il mare…


Le navi martellanti non ricambiano il suo amore.
( E. Hemingway, Parigi, 1922)

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