Volare fin qui, in Australia, dà la sensazione di cambiare mondo e al tempo stesso di cambiare cielo. Non è soltanto l’idea della lontananza chilometrica che ti fa sentire un po’ spaesato, di più, almeno così è stato per me, la sensazione di trovarsi in un paese all’apparenza moderno, ma in realtà chiuso e conservatore.
I turisti portano soldi, certo, però sono una categoria guardata a volte con fastidio,direi “tollerata”, e infatti, non a caso, le abitudini di apertura-chiusura dei negozi, dei musei, delle attrazioni sono assolutamente immutabili: se capiti a Melbourne a Natale possono esserci anche 5 milioni di turisti ma trovi tutto, e dico tutto, chiuso. Giusto così, forse. E se per caso Natale capita in sabato e S.Stefano in domenica, allora si recupera il giorno di festa “mangiato” e si rimane chiusi anche il lunedì!
E l’inglese? O ti sintonizzi immediatamente sulla lunghezza d’onda del loro accento a volte incomprensibile, oppure sono cavoli amari: cioè intendo dire… disponibilità a sforzarsi per renderlo più anglosassone, zero. Giusto così, forse.
Capitolo a parte il cibo. Nelle grandi città si trova ovviamente qualsiasi genere di cucina internazionale, ma se soltanto ci si sposta in zone rurali, allora la faccenda cambia, nel senso che gli australiani “doc”del bush non sanno cucinare. I piatti sono un’accozzaglia di elementi buttati a caso o secondo una logica difficile da decifrare anche per la Sfinge e la quantità è inversamente proporzionale alla loro squisitezza, cioè esagerata. Del resto, essendo un popolo di immigrati, senza tradizioni consolidate in loco, giusto così, forse.
Ma l’altra parte del cielo ha molti assi nella manica che consentono a chiunque arrivi fin quaggiù di soprassedere su tutto quanto detto finora: la natura incontaminata, gli spazi sconfinati, i colori accecanti, i panorami seducenti.
E’ la mia seconda esperienza qui, ma l’Australia è grande: anche questa volta sono riuscita a vedere soltanto una piccola parte di questo mondo…chissà…mai dire mai! 🙂