Non credo che esista il luogo perfetto.
Credo, però,esistano luoghi magici per ciascuno di noi, che aderiscono in maniera totale ai nostri stati d’animo e, come amici premurosi, riescono a farci stare meglio anche solo con un panorama, un profumo, o un tepore rigenerante.
Uno dei “miei” luoghi magici l’ho trovato ad Aruba.
Ho potuto visitare nel corso degli anni diverse isole tropicali e, onestamente, dopo una settimana di vacanza e di riposo, il desiderio di tornare si è sempre fatto sentire, nonostante la bellezza dell’ambiente naturale e i ritmi di vita rilassati e spensierati.
Ad Aruba non mi è successo.
Il primo viaggio su quest’isola è stato per me una rivelazione.
“Bon Bini” in “one happy island”! è il “benvenuto” in Papiamento, la lingua di Aruba, che in ogni dove si sente pronunciare.
Perché la vera sorpresa di un viaggio in quest’angolo di Caraibi, è data dalla gente che qui vive. Gli Arubani sono un incredibile mixage di vitale etnicità, retaggio storico, cultura ancestrale, modernità assoluta; il tutto, condito e reso spumeggiante da una genuina voglia di vivere che si manifesta in una spontanea apertura mentale e comportamentale verso chi approda nella loro isola.
Aruba è un’ isola insolita, fisicamente diversa dalle molte della corona caraibica. Non ci sono grandi vette e la vegetazione non è ricca come in altri luoghi. Tuttavia è una terra che presenta caratteri distintivi che la rendono davvero meritevole di essere conosciuta.
Gli alisei che arrivano dall’Atlantico mitigano costantemente il calore di un sole tropicale: è una specie di perenne primavera-estate.
Mi sono innamorata del Parco Nazionale di Arikok: qui
i colori dominanti sono quattro: il blu del mare all’orizzonte, il verde delle collinette punteggiate di cactus, i toni sfumati e bruniti delle argille del plateau centrale e il bianco intenso delle dune sabbiose che in alcuni punti rubano lo spazio alla costa rocciosa.
Oltre quaranta chilometri di sentieri e bellissime passeggiate: inoltrandosi nel parco, si scopre di essere soli, stradine sterrate e spesso nemmeno queste, agavi e cactus a perdita d’occhio, rocce e pietre levigate o sconnesse dai venti e dalle acque marine che i visitatori, un po’ dappertutto, ammonticchiano una sopra le altre a creare piccoli altarini votivi.
Dove la terra finisce, il grande mare caraibico lambisce una costa rocciosa dai mille anfratti, nei quali il mare in alcuni punti si insinua sotto archi di pietra.
Ma i motivi del mio amore per Aruba sono tanti:
sempre accompagnato dalle folate del vento che tutto avvolge e rinfresca, immaginate un luogo in cui il cielo non vi sovrasta, vi attraversa; l’aria non si respira, si assapora, il tempo scorre, non corre ed il sistema nervoso si sistema, non s’innervosisce.
Un luogo dove la gente non t’incrocia, ti saluta, dove tutto è vero, anche le cose spiacevoli, perché tutto è vita.
La pienezza del vivere qui è uno stato dell’anima, prima ancora che uno stato mentale: è imparare a perdere tempo scrutando una lucertola dalla testa arancione fare le flessioni, è disegnare con gli occhi il contorno di una pianta di aloe che si staglia sullo sfondo del cielo basso e turchese, è osservare un meccanico che non sa da dove cominciare a riparare il motore della vostra auto.
C’è sempre la possibilità di emozionarsi davanti a un tramonto breve sapendo che il giorno dopo, comunque andrà, ce ne sarà uno apparentemente identico ma dalle sfumature inedite; di imparare che non è vero che se non si desidera tutto non si otterrà nulla, che accontentarsi non è sempre una sconfitta e che vivere alla giornata è un buon metodo per aggiornare l’esistenza.
Qui c’è un silenzio pagano, un ruggito religioso, uno stato d’animo magico che sembra fare male e invece
è un bene incurabile.
Qui anche l’amore eterno sembra possibile.
Se saprai starmi vicino
Se saprai starmi vicino,
e potremo essere diversi,
se il sole illuminerà entrambi
senza che le nostre ombre si sovrappongano,
se riusciremo ad essere “noi” in mezzo al mondo
e insieme al mondo, piangere, ridere, vivere.
Se ogni giorno sarà scoprire quello che siamo
e non il ricordo di come eravamo,
se sapremo darci l’un l’altro
senza sapere chi sarà il primo e chi l’ultimo
se il tuo corpo canterà con il mio perchè insieme è gioia…
Allora sarà amore
e non sarà stato vano aspettarsi tanto.
(Pablo Neruda)