I meccanismi della memoria e del ricordo sono complicati.
Sono appena tornata da un viaggio in terre calde ed assolate, eppure, mentre sistemavo nel pc i file di fotografie, sono stata assalita dal desiderio di rivedere le immagini di un viaggio nella neve.
Ma non era il Polo Nord, era New York!
Circa cinque anni fa…
Stavamo atterrando all’aeroporto J.F.Kennedy di New York e dai finestrini dell’aereo si vedevano scendere,abbastanza copiosi, fiocchi di neve che avevano già ricoperto la pista con un leggero strato umido e bianchiccio. Nella nostra beata ignoranza, pensavamo che così come eravamo atterrati, allo stesso modo avremmo potuto decollare, dopo tre ore, con l’aereo che ci avrebbe portato a Miami per trascorrere lì alcuni giorni delle vacanze natalizie.
Ma….appena scesi dall’aereo, ad accoglierci c’erano decine di addetti ai servizi di terra dell’aeroporto che ad ogni passeggero in transito consegnavano un foglietto, con evidenziato un numero di telefono, e al tempo stesso indicavano nervosamente il tabellone degli arrivi e delle partenze.
Già… il tabellone… ogni volo contemplato era seguito da uno sconfortante “Cancelled”!
E non per un paio d’ore, o sino alla sera, o all’indomani,…no, no…aeroporto chiuso per tre giorni,
Causa: tempesta di neve.
Il foglietto con il numerino da chiamare si trattava dell’unico aiuto che l’aeroporto era in grado di fornire; serviva per prenotare i posti su un altro volo, per la meta desiderata, non appena l’aeroporto fosse stato riaperto. Nel frattempo si poteva mettersi in coda ad uno sportello dove gli addetti avrebbero provato a trovare una sistemazione per la notte a chi ne avesse fatto richiesta. L’alternativa era passare tre giorni accampati in aeroporto.
Io e mio marito, a quel punto, rassegnati, abbiamo deciso di dividerci i compiti; lui al telefono per prenotare il volo, io in coda per ottenere una sistemazione. Per il volo, fortunatamente, non ci sono stati problemi: saremmo ripartiti dopo 3 giorni da un altro aeroporto di New York; per la camera invece …
Quando mancavano solo quattro, cinque metri di coda per arrivare all’agognato sportello, gli addetti ci comunicarono chiaramente di aver appena venduto l’ultima camera disponibile che gli hotel avevano messo a disposizione.
Disperazione!
Già mi vedevo vagare per l’aeroporto, senza una doccia, un pasto caldo, un letto….io non ho l’indole molto spartana, devo confessarlo,…il morale non esisteva più.
Nel frattempo, guardando dalle vetrate, all’esterno si assisteva a un peggioramento progressivo delle condizioni meteorologiche: ormai nevicava davvero abbondantemente, ma non in maniera rilassata, da liete feste di Natale: era una nevicata furiosa, una vera tempesta di vento, neve e ghiaccio, che faceva turbinare i fiocchi in mulinelli velocissimi.
Le persone che avevano trovato una sistemazione in albergo per la notte se ne stavano fuori sotto la pensilina in attesa dei taxi e ciò nonostante sembravano tanti pupazzi ricoperti di neve.
L’estate prima eravamo stati a New York per alcuni giorni e fortuna ha voluto che mio marito avesse ancora memorizzato nel cellulare il numero di telefono dell’hotel che ci aveva ospitato.
A quel punto abbiamo provato a chiamare e …miracolo: la stanza c’era, l’unico problema era riuscire a trovare il modo di raggiungerla, visto che le strade cominciavano ad essere impraticabili e Manhattan dall’aeroporto dista circa tre quarti d’ora di macchina.
Immediatamente, con i nostri bagagli, ci siamo diretti all’uscita, verso la zona dei taxi: la coda di persone che aspettava si era esaurita, ma anche la disponibilità dei taxi era pressoché nulla. Mentre ormai ci stavamo dando per vinti, vediamo spuntare un taxi dalla coltre di neve che vorticava confusamente: era libero! Siamo saliti e, inzuppati di neve e pioggia, abbiamo spiegato a questo giovane autista pakistano, che avevamo trovato trovato una stanza in un albergo al centro di Manhattan.
Lui, con sguardo preoccupato, ci disse che le strade erano davvero al limite della praticabilità, e che avrebbe provato a portarci fin là ma non garantendo nulla….e aggiunse: “It’s very bed!!!”
Siamo partiti e appena fuori dal piazzale dell’aeroporto ci siamo resi conto di essere davvero al centro di una tempesta di neve di proporzioni preoccupanti. Imboccando la freeway ogni cento, duecento metri vedevamo auto abbandonate ai lati della carreggiata,scivolate fuori strada e ormai imprigionate dalla neve.
Il nostro autista procedeva a passo d’uomo, cautamente, ogni poco si fermava, scendeva e puliva i tergicristalli che erano praticamente ghiacciati,….ogni poco slittava, pareva non riuscire a muoversi e invece poi con varie manovre ripartiva….è stata un’agonia che è durata per circa due ore. Quando abbiamo visto, finalmente, apparire le luci di Manhattan , ci sono sembrate una visione, come un’oasi in un deserto di neve. A quel punto le vie cittadine si percorrevano con maggior speditezza, poiché qui i mezzi spazzaneve avevano già avuto modo di passare. Siamo arrivati al nostro hotel: non ci era mai parso così bello e luccicante! Mi sembrava di vivere quasi un sogno.
Il nostro autista, sfinito, ci disse che se ne sarebbe andato a casa perché era stata davvero dura e ci chiese un prezzo appena più alto di quanto stabilito dalle tabelle ufficiali, quasi scusandosi. Noi lo abbiamo abbracciato e ringraziato per averci condotto al riparo e lo abbiamo ricompensato degnamente per quanto aveva fatto.
Oggi ,quando penso a New York e rivivo quell’avventura a lieto fine, provo una sensazione quasi di stupore: non mi pare vero di essermi trovata in una situazione simile e mi dico che a volte il destino ti catapulta in eventi che mai potresti prevedere e il cui esito non è sempre così scontato.
Mi capita di rivedermi infreddolita e impaurita, in quel taxi sperduto in mezzo alla neve, con le luci di Manhattan che da lontano risplendono…
E in modo inaspettato e sorprendente scopro che è uno dei ricordi più belli che conservo di quella magica città.
“La Vita non è uno spettacolo muto o in bianco e nero.
È un arcobaleno inesauribile di colori, un concerto interminabile di rumori,
un caos fantasmagorico di voci e di volti,
di creature le cui azioni si intrecciano o si sovrappongono
per tessere la catena di eventi che determinano il nostro personale destino.”
(Oriana Fallaci)