WALK OF FAME

Sabato 19 luglio, Los Angeles

Hollywood Blvd è tra le strade più famose di Los Angeles, non fosse altro che per le celebrità il cui ricordo è rimasto incastonato nel scintillante marciapiede della  Walk of Fame : si tratta di un lungo camminamento composto da due marciapiedi che corrono lungo l’Hollywood Boulevard e la Vine Street, sulla collina di Hollywood. Venne creata nel 1958 con l’intento di rappresentare un tributo agli artisti che lavorano nell’industria dello spettacolo.
Su tale percorso sono incastonate circa 2.500 stelle : i premiati ricevono una stella in base alla carriera e ai conseguimenti di una vita dedicata ad un settore dell’arte.

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Ogni “omaggio” consiste in una piastrella color carbone, nella quale è incastonata una stella a cinque punte rosa, bordata di bronzo. All’interno della stella è inciso in bronzo il nome dell’onorato e sotto al nome è presente un emblema circolare che indica la categoria per cui è stata ricevuta la stella.

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Di tracce italiche ve ne sono 8: dall’immancabile Sophia Loren a Renata Tebaldi; dal genio assoluto di Arturo Toscanini (che, addirittura, di stelle ne ha due) a Rudy Valentino; da Bernardo Bertolucci ai tenori Enrico Caruso e Andrea Bocelli e infine c’è lei, la stella neorealista di Anna Magnani.

Devo essere onesta: “calpestare” queste stelle non mi ha dato nessuna emozione e credo che ancora una volta gli americani, qui ancora di più, abbiano dimostrato la loro grande capacità di creare dal nulla un mito.
Diverso è il discorso, per quanto mi riguarda, per le impronte e gli autografi dei divi lasciate sul cemento all’uscita del teatro cinese Grauman, a ridosso della walk of fame: questa vicinanza sembra quasi suggerire una lotta fra due tipologie di riconoscimento alle celebrità!

Osservando le impronte e gli autografi di queste star mi sono emozionata soprattutto cercando e trovando le tracce di due grandi divi americani: John Wayne e Jack Nicholson. Perché proprio loro? E’ presto detto.

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Per quanto riguarda John Wayne,uno degli attori più famosi del mondo, celebre soprattutto per i suoi film western, è tuttora, secondo me, l’ immagine-simbolo dello spirito Americano, sbrigativa ma onesta, rude e burbera ma con un sottofondo sensibile e di buon cuore. 
Questo sua immagine è stata da lui più volte sottolineata ed esaltata anche nella vita reale e la cosa che mi ha colpito maggiormente  vedendo l’ autografo e l’impronta del suo pugno è il fatto che si può considerare l’unico divo che ha voluto lasciare nel cemento una dedica “ Sid,non ci sono parole” . E’ toccante che nel giorno di un riconoscimento così grande abbia pensato di condividere il successo con l’amico di sempre che era stato il suo stuntman all’inizio della carriera. Dimostra senso di umiltà e riconoscimento per lo sforzo e il lavoro di chi sta intorno a te. Quanto ce ne sarebbe bisogno oggi!

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Jack Nicholson, invece, è uno dei miei attori preferiti in assoluto e in questo particolare momento che sto vivendo, alla vigilia di un viaggio on the road per il west americano, vedere le sue tracce mi ha richiamato alla mente il suo personaggio in quel film meraviglioso che è Easy reader.
Quel film è essenzialmente Dennis Hopper e Peter Fonda, i due protagonisti della pellicola sono loro e Jack comparirà sì e no una ventina di minuti… ma, sinceramente, fin dalla prima volta che ho avuto modo di vedere il film il personaggio che più mi ha colpita è stato il suo, quello dell’avvocato ubriacone George. George è strangolato dalla necessità di conformarsi al mondo che lo circonda e allo stesso tempo desideroso di poter fare come i due Easy Rider, dai quali avverte provenire il profumo di quella libertà che non ha mai avuto il coraggio di afferrare.

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Quanto al film, lo ammetto, lo adoro… ma il finale….. il finale mi ammazza ogni volta! Lo vivo come la fine di un sogno, come la vittoria della violenza, dell’ignoranza e della paura sull’amicizia, l’apertura mentale e il desiderio di conoscere: la fine del sogno americano.

E ogni volta il magone sale e una lacrima scende.

“(…) dobbiamo andare e non fermarci mai finché non arriviamo.”
“Per andare dove, amico?”
“Non lo so, ma dobbiamo andare.”

(J.Kerouac)
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Per chi volesse rivedere il finale: